Cari pazienti,
Oggi vi porto una notizia amara, una di quelle che fanno stringere lo stomaco come una contrazione involontaria del diaframma quando qualcosa proprio non va giù.
E no, non parliamo di alimentazione o benessere fisico, ma di salute di un intero settore produttivo italiano: la filiera della canapa industriale.
Il decreto sicurezza mette al bando la canapa
Immaginate di aver lavorato per anni alla crescita di una pianta.
L’avete studiata, coltivata, valorizzata.
Avete costruito aziende, assunto persone, investito nel futuro.
E poi, all’improvviso, qualcuno decide che quella pianta non va più bene.
Il governo, con un colpo di decreto, ha deciso che il fiore della canapa deve essere messo al bando.
È contenuto nell’articolo 18 del nuovo decreto sicurezza, una misura fortemente voluta dalla Lega e che oggi viene approvata in Consiglio dei Ministri.
Il problema?
Il fiore della canapa – con livelli di THC inferiori allo 0,5% – non è una droga.
Inoltre la Corte di Giustizia Europea ha ribadito che il CBD non è una sostanza stupefacente (Sentenza 19/11/202)
In Europa è perfettamente legale e parte di un mercato in forte crescita, soprattutto per quanto riguarda il CBD, un principio attivo privo di effetti psicotropi ma ricco di potenziale terapeutico.
Un'Italia che si isola
E mentre in Europa il settore cresce e si evolve, l’Italia sembra fare un passo indietro.
Le associazioni agricole e imprenditoriali, da Coldiretti a Confagricoltura, stanno cercando disperatamente di evitare questa ghigliottina normativa.
Ma il governo è sordo.
Peggio: sembra intenzionato a chiudere ogni spiraglio.
Anche Forza Italia, che in Europa difende la canapa, in Italia tace.
C’è stata una timida speranza in Europa, dove la Commissione Petizioni del Parlamento UE ha aperto un’indagine sulla legittimità di questo divieto.
La petizione di Mattia Cusani, presidente di Canapa Sativa Italia, sostiene che il decreto italiano viola il diritto europeo, compromettendo il mercato unico e la concorrenza.
Ma mentre a Bruxelles si discute, qui si firma.
L’occasione persa per l’agricoltura
Non si tratta solo di fiori e di CBD.
Si tratta di aziende vere, oltre 10.000 in tutta Italia, che rischiano di chiudere i battenti.
Si tratta di agricoltura sostenibile, di economia circolare, di lavoro giovanile.
A novembre Coldiretti aveva tentato un’ultima mediazione, per salvare almeno i coltivatori e lasciare fuori i commercianti.
Ma anche quella proposta è stata cestinata.
Il risultato? Una filiera intera al macero, e un’Italia che rischia di delocalizzare persino la canapa in Africa.
Il Doc vi dice: aprite gli occhi
Questa non è una battaglia ideologica, cari pazienti.
È una questione di salute economica, ambientale e sociale.
È giusto tutelare la sicurezza pubblica, ma servono dati, studi, proporzionalità.
Il CBD non è una sostanza stupefacente, lo ha detto anche la Corte di Giustizia Europea.
Eppure da noi lo si vuole trattare come tale, con l’aiuto delle case farmaceutiche, forse felici di togliersi un concorrente naturale e low-cost.
Vi invito a riflettere. A informarvi. A non lasciar passare tutto in silenzio.
Perché dietro ogni pianta che muore, c’è un’impresa che chiude.
E dietro ogni impresa, ci sono persone.
Come voi. Come me.
Restiamo vigili.
Il Doc